Auditorium Varrone pieno fino all’orlo, sabato pomeriggio, per lo spettacolo voluto da Caritas diocesana e Ancda, Associazione Nazionale Contro il Disagio e l’Alcolismo.
Uno spettacolo che è stato un viaggio tra le esistenze di chi ha pensato di non farcela e poi è riuscito a tornare a vivere, a riprendersi lucidamente le proprie emozioni, il proprio lavoro, la propria famiglia. «Potevano scegliere modalità diverse per raccontare chi siamo e cosa facciamo, come un convegno o una giornata di studi», ha detto il dottori Vito Grazioli, responsabile della comunità di recupero che ormai da un anno, sulla scia della felice esperienza di Fiuggi, opera anche a Rieti, nel convento dei cappuccini di Colle San Mauro. «Ma abbiamo scelto di raccontarci con musica, immagini e canzoni scritte dai nostri ragazzi, che hanno lavorato molto su questa iniziativa, per renderla il più possibile bella e dinamica».
E i ragazzi sono lì emozionatissimi, ma pronti: hanno provato i microfoni, imbracciato le chitarre, sistemato l’amplificazione. Il primo brano è un inno, un appello affinché la speranza entri in tutte le case, soprattutto in quelle dove c’è sofferenza, dove c’è disagio, dove ristagnano situazioni difficili, che sembrano non lasciare spiragli alla speranza.
Una speranza che invece può esserci, seminandola pian piano, affidandosi a persone che possano tendere la mano con consapevolezza e professionalità. E si parte con un brano orecchiabile che coinvolge tutti. Il pomeriggio prosegue con video, parole, testimonianze. E lacrime. Occhi umidi anche per il vescovo Domenico, primo ad aver fortemente voluto il villaggio di accoglienza di Colle San Mauro, insieme al dottor Vito. Gratitudine espressa anche dal direttore di Caritas diocesana don Fabrizio Borrello, soddisfatto del «matrimonio riuscito tra Diocesi di Rieti e Ancda».