Parte oggi il servizio della Mensa Santa Chiara nei locali del Seminario di Rieti. Gli ampi locali del piano terra sono stati completamente recuperati e attendono di poter dare completo compimento al progetto della Casa della Carità. Ad annunciare la disponibilità della nuova sede per la mensa dei poveri reatina è stato il vescovo Vito in Cattedrale, lo scorso sabato, nel contesto della celebrazione per la solennità della dedicazione. Con l’avanzamento dei lavori, e il superamento dei problemi tecnici e burocratici, trova una soluzione il periodo di precarietà affrontato da volontari e utenti del servizio, che torneranno ad avere non solo il conforto di un pasto caldo, ma anche un ambiente accogliente, un luogo in cui ritrovarsi in un clima cordiale e familiare.
«Dopo le fatiche burocratiche e tecniche siamo finalmente in grado iniziare a dare vita a questa nuova realtà», dice il direttore della Caritas, don Fabrizio Borrello. Gli uffici si trasferiranno un po’ più avanti perché ci sono ancora cose da finire, ma speriamo di poter valorizzare il tutto velocemente e riorganizzare così il lavoro della Caritas nei nuovi ambienti». L’idea della Casa della Carità è quella di avere un unico luogo nel quale sentirsi accolti e trovare una soluzione ai bisogni basilari: mangiare, lavarsi, avere un riparo, trovare ascolto. Il progetto ha subito qualche adeguamento nel tempo, ma darà nuova vita al piano terra del grande edificio di piazza Oberdan. Il complesso fu chiuso in seguito al terremoto del 1997 e nel tempo è stato sottoposto a cospicui interventi di risanamento. I lavori per il recupero hanno inoltre avuto un importante finanziamento da parte della Chiesa italiana. Oltre alla mensa, l’edificio accoglierà gli uffici amministrativi della Caritas, lo sportello del Centro d’ascolto e metterà a disposizione di chi ne ha bisogno docce e servizi.
Spazio aperto, bene comune
La cittadinanza ha avuto un saggio della qualità degli spazi recuperati – molto cari per tante ragioni ai reatini – già lo scorso anno, con la mostra di alcune opere collegate alla Valle del Primo Presepe. Si tratta delle due stanze con un ampio soffitto a volte che si aprono su via Terenzio Varrone, concepite proprio come luogo di esposizione, come ambiente dedicato all’arte. Anche per ricordare che la bellezza non stride accanto alla povertà, per abbracciare chi vive momenti di difficoltà in un ambiente piacevole e accogliente, per dire che la cultura è un bene comune, e di conseguenza esiste solo nella misura in cui è condivisa e accessibile a tutti. «Le due stanze – prosegue don Fabrizio – fanno da anticamera al refettorio vero e proprio della Mensa e potranno essere usate anche per incontri e momenti di dialogo, innanzitutto a servizio della Chiesa locale, ma anche di altre realtà».
Ambienti pronti a prendere vita
Visitando insieme al direttore della Caritas gli spazi, tutto all’interno del Seminario sembra pronto ad animarsi. La nuova cucina ad induzione della Mensa è scintillante e pronta all’uso, la cella frigorifera è installata, i piani di lavoro e i pensili sono al loro posto. Tutto rigorosamente in lucido acciaio. E mentre la cucina aspetta l’imminente arrivo dei volontari che prepareranno i pasti, nel refettorio tavoli bianchi essenziali e funzionali, insieme alle comode sedie, attendono gli ospiti, che potranno tornare a vivere momenti di convivialità e condivisione insieme agli operatori.
A partire dagli ultimi
Il recupero degli ambienti del Seminario è ben pensato e funzionale, con tanto di scivoli per chi si muove sulla sedia a rotelle o potrebbe comunque essere ostacolato dai gradini che raccordano i piccoli dislivelli degli ambienti interni. I servizi sono ampi e ben congegnati, le docce pronte all’uso. In fondo, venendo da via Terenzio Varrone, si trova l’ufficio del direttore, anticipato da un paio di stanze dedicate all’attività del Centro d’ascolto. «L’ingresso a questa parte dell’edificio è sulla piazza», spiega don Fabrizio indicando una porta a vetri in fondo al breve corridoio che corrisponde all’ingresso principale. La sala d’aspetto è accogliente e già dotata di sedili per far star comodi gli utenti. Al momento giusto basterà togliere il cellophane.
«Non vogliamo creare un luogo in cui le persone vengono solo per sfamarsi o lavarsi. Vogliamo creare un luogo di accoglienza, uno spazio nel quale non vengano semplicemente prese in carico, ma trovino fraternità», sottolinea don Fabrizio. «Il Seminario sarà una casa il più possibile aperta. Speriamo di stimolare un volontariato di prossimità, che non consista solo nello stare al servizio, ma nel mettersi a fianco. Le modalità sono tutte da studiare: quando la mensa e le docce inizieranno ad essere frequentati, inizieremo a capire quale tipo di prossimità si può suscitare».
Al cuore della città
È bello peraltro che la Casa della Carità sia nel cuore della città, in pieno centro storico e in un edificio che in passato ha avuto tante funzioni. Il complesso era infatti originariamente occupato dal Palazzo Pretorio e del Podestà, realizzato alla fine del XIII secolo. A metà del Cinquecento l’edificio fu donato dal Comune al vescovo di Rieti, cardinale Marcantonio Amulio, perché vi collocasse il seminario diocesano. Un luogo prima di potere, e poi di formazione, divene ora casa dei poveri. «L’idea è quella di un luogo centrale anche geograficamente, che è aperto a tutti. L’augurio è che il servizio della mensa sia il volano di qualcosa di più ampio e che mantenga in qualche modo una funzione pedagogica, una testimonianza della Chiesa che si forma alla scuola della povertà e della carità».
Si mettono al centro gli ultimi, concretamente e non solo per metafora, come per ricalibrare il discorso, per mostrare che il povero non è un elemento di disordine, un incapace, un soggetto da deridere o ghettizzare, ma l’occasione per rieducare il discorso pubblico alla condivisione della speranza. «Anche per questo sono state pensate le sale espositive. Saranno spazi polivalenti, che a partire dai più poveri potranno far rivivere il Seminario in modi nuovi, da inventare: abitando gli spazi capiremo meglio come poterli valorizzare appieno». Proprio come a casa.